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STAFF TECNICO
CALCIO A 5 e A 7- Piccoli Amici e Primi Passi
NICCOLO' MICHELASSI
PALLAVOLO
SIMONE GEMMI
QWAN KI DO BAMBINI
LISA CATTAROSSI
Cintura nera e maestro bambini
MINIRUGBY
MARCO BAGGIANI
Allenatore primo livello FIR
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I ragazzi, gli adolescenti e i giovani di entrambi i sessi e di qualsiasi condizione sono i soggetti e i protagonisti della PGS DON BOSCO e siamo certi che le loro esigenze più vere non sono di natura tecnica ma educativa nel senso più pieno di questa parola.
E per la loro educazione attraverso lo sport, la nostra Comunità Educativa Pastorale ha fatto sorgere e spera di continuare a scommettere sulla PGS DON BOSCO
Per la loro crescita individuiamo alcuni valori di riferimento, che sono gli obiettivi a cui tendere nel lavoro educativo. Essi vanno poi declinati in maniera diversa secondo le fasce d’età: dei bambini (6-11), ragazzi (11-14), adolescenti (14-18), giovani (over 18).
Educare alla gratuità
Lo sport è nella sua natura un gioco. Esso non ha carattere produttivo, ma è bello e gradito per sè stesso. E' gratuità. Ci sta a cuore che i nostri ragazzi sperimentino gioia e festa, creatività e fantasia, appropriazione della propria corporeità e libera espressività, ricarica interiore, pacificante incontro con gli altri e soddisfazione di dare il meglio di sé. Questo è essenziale soprattutto per le fasce d’età dei più piccoli. Il clima in una squadra deve sempre favorire la capacità di stringere amicizie schiette, favorire il dialogo e l’apertura verso gli altri, l’espressività di sé e delle proprie doti, il coinvolgimento e la partecipazione di ciascuno alla vita della squadra non possono essere soffocati da un rigido criterio selettivo in relazione al raggiungimento dei risultato o della spettacolarità.
Dobbiamo dunque vigilare che tra i ragazzi non si formino rivalità, non ci siano prepotenze o mitizzazioni di nessuno e che la squadra non sia un veicolo di forme di devianza di nessun tipo. Davanti ai singoli casi si intervenga con saggezza e tempestività, sentiti anche gli altri educatori e, se il caso, anche i genitori. Sappiamo che la libertà più vera non è mai il frutto di uno stile di vita determinato dalle voglie e dal disimpegno, né tantomeno dalla prepotente affermazione di sé.
Vogliamo anzi educare i ragazzi al rispetto ideale e rigoroso delle regole e degli impegni assunti, intesi come le direzioni verso cui incanalare le proprie energie per dare il meglio di sé. Con chi è in difficoltà si sia comprensivi, con chi è pigro stimolanti, sempre ricordando che la vita è più grande di una palestra o di un campo di gioco.
Educare all’agonismo
L’agonismo è una componente insopprimibile della pratica sportiva, il desiderio di vincere e di ottenere risultati è un positivo fattore di stimolo e di miglioramento. Infatti può generare e irrobustire grandi virtù : Il dominio di sé, la tenacia, la fortezza, lo scommettere sulle proprie risorse, la padronanza del proprio corpo, lo spirito di rinuncia, la fedeltà ai propri impegni . E’ banale infatti dire “l’importante non è vincere, ma partecipare”, ma non vogliamo che questo porti a quelle esasperazioni di risultato e di demonizzazione dell’altro che spesso caratterizzano la pratica sportiva. La competitività non è applicata “contro” l’altro, ma al gioco e alle prove che esso comporta, si gioca insieme, non contro. Il linguaggio e gli atteggiamenti degli alleducatori mettano in evidenza tutto ciò. Vogliamo vivere l’agonismo come rispetto leale delle regole del gioco, capacità di sacrificarsi per un bene superiore, rispetto del concorrente e riconoscimento del suo valore, disponibilità alla collaborazione nella squadra, i ragazzi (specialmente quelli in età adolescenziale) possono trovare in un sano agonismo una grande occasione umanizzante. In questa prospettiva il “tifo” soprattutto dei genitori e degli adulti va educato con rigorosità, la PGS DON BOSCO riconosce sia la carica stimolante di una buona tifoseria, sia i reali effetti deleteri sulla sua azione educativa di un tifo volgare e aggressivo. In questo caso la PGS DON BOSCO si riserva di tutelarsi contro ogni forma di penalizzazione educativa ed economica.
Educare alla sconfitta
In un mondo che considera solo i vincitori, è un traguardo ambito quello di imparare a perdere senza considerarsi perdenti, da qui dipende in larga misura l’equilibrio emotivo e la tenuta di personalità di chi sta crescendo. Se in squadra c’è una atmosfera favorevole, ci si educa alla sconfitta quando si va oltre lo sterile atteggiamento di cercare scusanti ad ogni costo, di imprecare alla sfortuna o all’arbitraggio, di trovare il capro espiatorio, ma si impara a riconoscere i propri limiti e le cadute di forma senza farne una tragedia, si sottolinea la solidarietà di squadra, si incoraggia a fare quel passo preciso che è mancato in partita. Con questo non si vuole educare all’indifferenza verso la sconfitta, essa è sempre un segnale verso un impegno maggiore, e quindi uno stimolo educativo da non far cadere. Sono preziosi i momenti di confronto di verifica in squadra, di espressioni dei propri stati d’animo e delle proprie sensazioni, che la saggezza dell’educatore sa orientare verso un rinnovato impegno. Non si dimentichi che una sconfitta in partita non coincide necessariamente con una reale sconfitta nella crescita complessiva di sé.
Educare alla vittoria
Educare alla vittoria è forse più difficile perché l’euforia trascina con sé ogni considerazione possibile, ma anche questo aspetto della vita di squadra necessita di considerazione educativa. La vittoria è una esperienza importante, ci fa comprendere che l’uomo è fatto per andare perennemente oltre se stesso e chi si ferma non godrà mai la pienezza della vita. Un allenatore sappia gioire con i suoi ragazzi evidenziandone il superamento di paure, la generosità, lo spirito di abnegazione e di dedizione, la nobiltà di stile verso l’altro, il concorso corale della squadra per il conseguimento della vittoria.
Bisogna altresì educare i ragazzi al fatto che una vittoria sportiva è relativa al cammino di crescita complessivo della loro personalità, perché nessuno si illuda che una vittoria sul campo coincida con la vittoria nel grande stadio della vita. Di conseguenza nessuno sia eccessivamente mitizzato, né lo spirito di squadra trascenda nell’arroganza e nel conseguente abbassamento di tono dell’impegno.
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Noi sappiamo che lo sport inteso come semplice apprendimento del gesto motorio, non è educativo per sé stesso, ma assume valore in relazione allo stile con cui viene proposto e praticato. Ebbene questo stile dipende in gran misura dagli Educatori Sportivi. In ogni esperienza educativa, infatti, prima delle parole e anche prima delle attività, c’è la figura di chi educa. Visto il fascino che lo sport esercita sui giovani e il molto tempo che essi passano con il loro allenatore, egli diventa una figura educativa non certo di secondo piano.
All’educatore sportivo, anzitutto, sono affidate persone, ragazzi, adolescenti, giovani, prima ancora che atleti. E’ necessario dunque che l’educatore nello sport abbia in sé e coltivi quelle virtù che lo fanno maestro di vita ed esempio nella semplicità del suo comportamento, prima ancora che allenatore di muscoli o abile organizzatore. E' questo il primo criterio nella scelta e nella conferma di un allenatore o un dirigente ed il Consiglio Direttivo della PGS DON BOSCO se ne fa garante.
All’educatore sono affidati ragazzi perché facciano attività sportiva, occorre allora che l’educatore abbia sia la capacità e le conoscenze tecniche della disciplina che gli compete, sia le attitudini per operare con quella precisa fascia di età di cui si occupa.
Si deve tentare di passare dall’allenatore (solo tecnico) all’educatore (anche tecnico) e arrivare alla figura dell’"allenaeducatore", che deve garantire la competenza di tipo tecnico, la capacità educativa e la testimonianza e coerenza di vita nell’ambito dell’attività sportiva, che viene curata per la crescita completa del giovane.
Per cui va detto subito che l’"allenaeducatore" non è “solo” un allenatore, non è “solo” un educatore, ne tanto meno uno psicologo o una persona dotata di particolari carismi. L' allenatore è una persona competente in tecnica sportiva nell’ambito di una disciplina e aiuta i ragazzi a giocare nel modo migliore, come educatore è una persona capace di rapportarsi con loro in maniera serena, armonica, aiutandoli a maturare umanamente .
E’ la Comunità Educativa Parrocchiale che partecipa in modo attivo alla vita della PGS DON BOSCO che affida fiduciosamente agli educatori sportivi il compito di seguire i ragazzi. Essa è consapevole che dal loro operato traspare la sua stessa immagine, per questo chiede loro di essere in sintonia reale con le sue finalità e il suo stile e di coltivare un cordiale rapporto anche con gli animatori e coordinatori dell’ oratorio.
All’educatore sportivo è chiesto di saper collaborare con le altre figure educative presenti nella PGS DON BOSCO e nell’oratorio, perchè insieme come comunità, si è al servizio degli stessi ragazzi, senza assolutizzazioni della propria realtà o inutili irrigidimenti, ma operando in sintonia e fiducia reciproca.
Preoccupandosi dei ragazzi gli allenatori e i dirigenti non dimentichino che i primi educatori sono i genitori, con essi coltivino un rapporto di cordiale attenzione, di aiuto per il vero bene del ragazzo, suscitino collaborazione per la squadra, e garantiscano però allo stesso tempo di essere gli unici a decidere circa le scelte tecniche della squadra.
La figura ideale dell’educatore sportivo nella PGS DON BOSCO è quella che si riconosce nel volontariato gratuito, perché ciò esprime più chiaramente il servizio che è lo stile della comunità cristiana e aumenta l’incidenza della testimonianza e l’efficacia della proposta.
Si vuole ricordarealcune virtù di un educatore sportivo:
- la pazienza
- il dominio di sé
- la fermezza mai ispida coniugata con la dolcezza
- il rispetto dei ragazzi e delle loro famiglie
- la capacità di dare e ricevere fiducia, di perdonare e di chiedere scusa.